L’utopia tecnologica della salute perfetta
- Boresi Daniela, Braghetto Iles, Sfez Lucien
21 marzo 2000 Conferenza di Lucien Sfez dal titolo La salute pubblica. Salute dello stato o salute dei cittadini? L’utopia tecnologica della salute perfetta. Lucien Sfez è docente alla Sorbona, scrittore, autore del libro La salute perfetta. Critica di una nuova utopia, edito da Spirali. La conferenza con dibattito si è svolta presso la Sala Rossini dello Stabilimento Pedrocchi a Padova.
LUCIEN SFEZ
L’utopia tecnologica della salute perfetta
La salute pubblica. Salute dello stato o salute dei cittadini?
Sono intervenuti
- Daniela Boresi, giornalista del Gazzettino
- Iles Braghetto, assessore alle Politiche sanitarie della Regione Veneto
- Ruggero Chinaglia, medico, psicanalista, cifrante
Lucien Sfez Quando ho voluto occuparmi di questa questione, ho voluto prima determinare e definire le figure dominanti delle nostre società. Quindi, sulla scena, si parla di comunismo e del capitalismo, ma solo sulla scena. Invece nella realtà delle strutture era già la potenza tecnologica che si poneva come questione. Già una quarantina di anni fa, con l’idea degli americani di voler rendere matematica la guerra, era apparso questo problema. Kennedy, una volta arrivato al potere, ha consultato Mc Namara e Mc Namara ha consultato i computer. Così i computer hanno detto: “Ma è facilissimo! Possiamo sbarazzarci di Cuba e invaderla”. Sappiamo tutti com’è andata a finire. Con il Vietnam è ricominciato tutto. Da un lato la potenza senza tecnologia, senza bombe e senza aviazione e dall’altro la potenza tecnologica. Così i computer hanno detto che in sei mesi l’affare sarebbe stato regolato, chiarito. I computer non avevano previsto la vietnamit-strategy, la strategia vietnamita, una strategia completamente imprevedibile. Mc Namara lo riconosce nelle sue memorie, quando afferma che ha sbagliato a voler matematizzare la guerra. Era l’epoca della decisione, della figura dominante, una decisione del tutto razionale che avrebbe potuto chiarire, regolare i problemi dell’umanità, la vita, la morte delle nazioni, degli individui.Già trent’anni fa avevo scritto un libro per occuparmi della questione della decisione.
In seguito, la stessa figura tecnologica ha preso delle forme diverse. Negli anni ’80, la figura dominante è diventata la comunicazione. Era già iniziata negli Stati Uniti nel ’70 e, con una buona decina d’anni di ritardo, in Europa. E naturalmente, con internet, viviamo oggi il punto culminante di tutta questa storia: discorsi stravaganti, i tecnologi stessi tengono questi discorsi, seguiti da esperti, dai giornalisti, dai politici. Qui non si vuole dire che la tecnologia non sia utile, che internet non sia utile. L’eccentricità consiste nell’attribuire a internet una vera e propria rivoluzione dell’umanità. Così si dice che internet permette l’accesso al potere, al sapere, e il sapere sarà trasformato. Tutti uguali davanti al sapere grazie a internet. Sono delle disonestà, pezzi di ideologie di massa. Mai una tecnologia ha chiarito e risolto i problemi dell’umanità. Già il messaggio degli anni ’60, del un famoso giornalista Saimon Xaver, affermava di dare un computer a ogni paese africano per risolvere il problema del sottosviluppo. Era già uno scherzo e lo rimane. Negli anni prossimi, quale sarà la nuova figura ideologica? Le figure si logorano e cambiano ogni dieci anni. Oggi, la figura della biotecnologia supera la figura del corpo umano.
Questo va a toccare l’insieme del nostro apparecchio di percezione e di azione. La sua portata è molto più vasta. Tutti stiamo molto attenti al nostro corpo, tutti vogliamo sopravvivere a tutti i costi. Siamo ossessionati un po’ dalla vecchia mitologia dell’immortalità. Quindi è una figura molto più importante di quella della comunicazione. Ho iniziato l’indagine all’inizio degli anni ’90 negli Stati Uniti e in Giappone, per capire i primi elementi di questa figura. Così ho deciso di lavorare su tre argomenti: Progetto genoma, Biosfera 2 e Artificial life, la vita artificiale. Quando sono arrivato a Boston, ero molto incuriosito dai discorsi che ascoltavo e sentivo. Mi dicevano: “Datemi il genoma di un individuo e io vi dirò chi è”. Una cosa senza senso. Ci credono! E pensano che siamo interamente determinati dai geni. E che non c’è niente di più! Non c’è storia, non c’è società, non c’è politica, non c’è niente. Quindi mi fanno discorsi a proposito di laboratori di ricerca in cui cercano le origini genetiche dell’omosessualità, della violenza, del banditismo, dell’alcolismo e anche, me l’hanno detto, dei senza tetto. Ma qui siamo in Italia.
Anche in Francia ci sarebbe la stessa reazione, ma negli Stati Uniti questo riduzionismo biologico è comune; c’è una sorta di eredità sul piano delle idee politiche, con il peso di Darwin e del cugino di Darwin che si chiamava Francis Dalton. C’è una sorta di positivismo del diciannovesimo secolo che è qui, nella potenza della scienza. Mi dicono anche: “Bisogna rimpiazzare i cattivi geni con i buoni geni.” Questo era una prima impressione molto bislacca per me, è un discorso un po’ strano di purificazione. Quando sono andato a Berkeley, sono stato ricevuto da amici, in una serata molto strana perché non volevo parlare di questo; era soltanto una serata tra amici che mi conoscevano dai tempi della mia antica indagine sulla comunicazione. E ho domandato: “Come sta, Emily?” E mi diceva: “Io sto bene. L’ultimo inverno ero all’ospedale a farmi togliere le ovaie”. “Perché ha fatto levare le ovaie?” “Non avevo niente, ma, siccome mia madre e mia zia avevano avuto qualche cosa, allora ho preferito farmi levare le ovaie.” Ero stupefatto. Allora ho detto: “Penso che in Europa non si farebbe così; un medico non accetterebbe questo.” E mi ha detto: “Sì, avete ragione. Difatti, il mio medico non era d’accordo con me, ma abbiamo fatto uno scambio. Abbiamo concordato che, se mi levava le ovaie, accettavo di non farmi levare i seni.” Era un compromesso, insomma, una cosa straordinaria. Ho domandato a San Francisco: “Ma che cosa succede qui?” “Ah, sì, come, non lo sapete? Tutta la classe che si potrebbe definire radical chic, intellettuali, borghesi, si fa levare ovaie e seni”. Potrebbe anche farsi tagliare la testa, siamo in quella direzione.
Lì ho pensato che siamo in uno stato di utopia, e di utopia in atto. In atto, non utopia letteraria. Ho fatto anche un collegamento: a Boston e a Washington mi hanno parlato di purificazione dei geni, e qui c’è un’altra sorta di purificazione, una purificazione organica. L’una assomiglia all’altra. Ultimo punto, sono andato a Los Angeles: anche lì mi hanno tenuto un discorso straordinario. Ho domandato: “Ma il sesso, dove va il sesso?” “Che sesso? Ma solo le scimmie fanno l’amore! Gli uomini devono fare un’altra cosa, perché si può trovare un modo di relazione più distinto, più raffinato tra i sessi che fare l’amore, che è una cosa da bestia”. Ho deciso di partire verso il mio secondo campo di ricerca, Biosfera due, la Biosfera seconda.
La Biosfera seconda è una grande cupola di vetro che è sotto il sole in un’isola; i suoi legami con l’esterno sono il cielo e il sole, perché è tutta chiusa. In questa cupola ci sono 3400 specie vegetali, animali, quattro donne e quattro uomini. E che fanno? Durante due anni hanno coltivato i vegetali e gli animali hanno mangiato i vegetali, e gli uomini anche, e poi hanno mangiato anche un poco di animali. E hanno respirato l’ossigeno che veniva dalle piante che avevano coltivato, una sorta di autarchia completa. Li ho visti, gli ho parlato. I giornali dicevano che era la salute migliore del mondo. Perché? Per un criterio magnifico: perché avevano il tasso di colesterolo molto basso. Questo criterio è famoso.
Ma si deve dire che erano morti di fame, durante quei due anni, perché non c’era abbastanza sole e perché dunque non c’erano piante, e dunque gli animali hanno mangiato tutto e, in più, i maiali si sono snervati, sono impazziti, hanno mangiato i polli. Non c’era più niente da mangiare e sono morti di fame. E questa è naturalmente la salute migliore del mondo, grazie a questo tasso di colesterolo.
Nel nuovo Messico, a Santa Fè, ho trovato, invece, Artificial life, creazione di vita artificiale, che nasce e si riproduce. Fanno sesso, dunque possono avere bimbi elettronici e mangiano, possono morire, possono avere malattie. Questo non è da discutere dal punto di vista della necessità di avere modelli; è un buon modello per conoscere il modo di sviluppo di certe popolazioni. Questo è utile, ma il discorso è: sono i nostri successori e sono completamente purificati. Fra dieci anni sarà possibile avere dei diritti; ci saranno i diritti dell’uomo anche per i robot; ci saranno le sanzioni per gli errori commessi dai robot. Quest’ultimo punto, i diritti dell’uomo per i robot, non è caduto nell’orecchio di un sordo, perché ho letto come voi Asimov e tutti questi scienziati americani sono dei gran lettori di Asimov. La fantascienza però è fondamentale. Per loro non c’è differenza tra la fantascienza e la realtà. In poche parole, si tratta di un’utopia reale, di un’utopia realizzata.
La sanità e la salute sono condizionate dal sociale, e c’è una mutazione della domanda di salute che è anche una domanda di senso. Vorrei dire che c’è una risposta a tutto questo, la risposta si chiama tecnologia, ed è il mio punto, il mio punto speciale. E se non lo sapete ancora bene, non è per incompetenza, ma perché siamo in un paese, in Europa, dove queste cose si fanno con un poco di ritardo. Dovete sapere che, soltanto in California, ci sono duemila imprese bio-tecnologiche. Dunque potete capire che in America c’è una mutazione completa del dibattito pubblico, perché quando ci sono duemila imprese di biotecnologia si discute di questo e soltanto di questo.
Internet è un problema completamente superato, gli Stati Uniti usano le cose. Ma qui potete supporre tutte le pubblicità, pubblicità pagate e pubblicità non pagate, redazionali, tutti i dibattiti alla televisione – quanto il denaro speso! – per spiegare alla gente che si deve investire in queste imprese e si devono usare queste tecnologie. Ecco il punto, il mio punto. Dunque si dice: “Siamo obbligati a tenere conto di questo, perché tra qualche anno questa ondata giungerà qui.” Questa risposta è una risposta utopica, è una risposta di utopia tecnologica.
Si deve dire qualche cosa sull’utopia e l’ideologia. Per l’ideologia, sono sempre d’accordo con il modo di spiegarla e di svilupparla di Marx, ma l’ideologia è un sistema di pensieri che è lì per nascondere le contraddizioni, per giustificare le distanze. Questo esiste, e esiste anche nella mia indagine. Quando gli americani dicono: “Stiamo cercando i geni dei senza tetto”, questo è ideologico, non è utopico. Questo è lì per nascondere le contraddizioni sociali americane, e sarebbe bello poterle ridurre a un problema biologico. Questo è ideologico. Questo è minoritario. È importante, naturalmente, ma minoritario.
Le cose importanti sono nell’utopia. E se parliamo dell’utopia, bisogna fare un piccolo corso di 5 minuti sull’utopia. Nel mio libro ho proposto 5 marcatori dell’utopia. In tutti i testi si trovano questi 5 marcatori.
Primo marcatore: l’isola. C’è sempre un isola, un luogo completamente isolato, chiuso. Secondo marcatore: una piena padronanza del narratore sulla storia che il narratore racconta. Terzo: l’importanza dell’igiene e dunque della trasparenza, è la stessa cosa, la trasparenza pubblica, politica è il modo dell’igiene. Quarto: l’importanza della tecnica. La tecnica risolve tutti i problemi, come un deus ex machina che arriva e che può risolvere tutto. In tutte le storie di utopia c’è questo. Quinto: il ritorno all’origine.
Allora “ritorno all’origine” significa esattamente il lavoro che hanno fatto i gesuiti, che erano gran lettori di utopie. Penso che avete tutti visti quel bel film che si chiamava Mission. I gesuiti hanno fatto fare a questi indiani un gran “ritorno all’origine”: li hanno rinominati, perché hanno levato il nome indiano e hanno dato il nome, il buon nome cristiano bianco, civilizzato, hanno soppresso le cattive relazioni sessuali troppo libere degli indiani; hanno dato delle nuove case, perché hanno messo il fuoco alle antiche case indiane, tutto questo per dare un “ritorno all’origine”. Che origine? Alla “vera origine” dell’uomo che sarebbe soltanto l’origine dell’uomo bianco, civilizzato, cristiano, naturale. Questa cosa è interessante perché ci fa capire che quando si parla di ritorno all’origine c’è sempre una ricostruzione.
Ecco i 5 marcatori. Ciascuno corrisponde a un blocco, non ad un’opera ma a un blocco di opere. Per esempio, se dico “igiene”, allora significa che gli alimenti devono essere lavati; c’è una certa utopia: bisogna lavare gli alimenti. Ancora: le donne devono essere flagellate, perché commettono sempre il peccato; si sa, il peccato è sempre un peccato di donne. L’igiene è un marcatore molto importante, come la tecnica, come l’isola, come la piena padronanza e il ritorno all’origine. Se applichiamo questo all’indagine, si vede che per il primo punto non c’è problema.
Ma Biosfera due è un’isola, è un’isola nel deserto. Quanto alle ricerche sul genoma, si deve sapere che sono fatte in laboratori che non hanno contatto con gli altri laboratori. Perché? Perché c’è una questione di denaro, perché si deve brevettare e dunque … Silenzio! Un’isola. E tentate di andare, come ho fatto anche con appuntamenti, a vedere i grandi laboratori americani sul genoma: c’è l’FBI che vi ferma. Poi possiamo passare, se abbiamo delle buone carte.
Secondo punto: mi permetto di ricordare che cosa succede in questi ultimi anni nei paesi europei dove alcuni esperti hanno accresciuto la tensione, e non posso sapere se è per principio di precauzione, quando hanno affermato che è possibile che ci sia il passaggio di una malattia animale all’uomo. Seguiti dalla stampa, hanno prodotto un effetto massiccio sul consumo di carne in tutto il continente, i consumatori hanno smesso di mangiare carne. Anche il topo è stato imputato di questo. Non c’è nessuna prova. Hanno soltanto detto che forse è possibile che ci sia una prova. Ma lo ripeto, abbiamo parlato con dei biologi e non c’è nessuna prova. Alcuni esperti, collegati con i media, hanno influenzato metà della popolazione.
Ecco, io mi chiedo se attraverso questa esperienza non ci sia una vera e propria utopia totalitaria. Non c’è solo il totalitarismo. Ci sono altre forme.
Terzo punto: l’igiene. Non si tratta solo di lavarsi esternamente con il sapone, ma di fare un lavaggio interno, completo, un vero restauro. Il ritorno all’origine, lo dicono, sarà l’Adamo due. Andiamo a fare un Adamo due, un Adamo di prima dell’Adamo uno prima del peccato, di prima del peccato.
I marcatori funzionano bene, perché provengono da testi letterari e si applicano a dei progetti, progetti nel senso americano del termine, cose che si stanno compiendo, che si stanno facendo. Sì, c’è una catena tra le due. C’è la catena, l’utopia tecnologica americana. Si deve sapere che dal 1880 al 1930 si sono sviluppate un centinaio di utopie tecnologiche in America, si sono venduti milioni di esemplari, e la caratteristica di queste utopie è che erano tutte fatte non da filosofi, non da romanzieri, non da giornalisti, ma unicamente da manager, dagli uomini in carica, da medici, da ingegneri, da professionisti si direbbe qui; e dunque tutto questo cambia i dati. Uno di questi manager, medico, lo conoscete tutti, si chiama Kellogs, quello dei cereali del mattino, che accompagnava con un discorso: “Do questi cereali per ristorare completamente la gioventù americana, la razza americana e anche la gioventù del mondo”, discorso degli anni ’20 e ’30 molto conosciuto. E, con questo, mangiate il discorso!
Vado a spiegare qualche cosa. Avete un gran filosofo qui, era nella politica, e nella politica marxista. Gramsci, negli anni ’30, quando parlava degli Stati Uniti, aveva detto: “Non è tanto una questione di imperialismo: è una questione di americanismo.” Lui pensava non a questi problemi di oggi, pensava a Ford, pensava alla macchina per tutti, pensava all’industrializzazione quotidiana, al consumismo quotidiano. Quando dico che il discorso è l’alimento, penso a Gramsci.
Ruggero Chinaglia Ci sono ricerche nei vari ambiti del pianeta che pongono la questione della salute non come antitesi alla morte, non legata alla questione della morte. Si parla molto della salute. Ciascuno, quando nomina la salute, crede di sapere di cosa si tratti. Da qui, gli auguri che si scambiano in varie circostanze: “Buona salute”; “Quando c’è la salute, c’è tutto”; “Basta la salute”. Ciascuno crede di sapere che con la salute si augura di vivere.