CUBA. Dissidenza e scrittura civile
- Carralero Carlos, Cerruti Maurizio, Chinaglia Ruggero, Segato Giorgio
28 maggio 2008 Presso la sala polivalente di via Valeri, 17 a Padova, conferenza con dibattito dal titolo CUBA. Dissidenza e scrittura civile, di Carlos Carralero, scrittore e esule cubano, autore del libro Saturno e il gioco dei tempi, edito da Spirali. Intervengono Maurizio Cerruti, caporedattore de Il Gazzettino, Ruggero Chinaglia, editore, cifrematico, Giorgio Segato, critico
Relatori
- Maurizio Cerruti, caporedattore de Il Gazzettino
- Ruggero Chinaglia, editore, cifrematico
- Giorgio Segato, critico
CARLOS CARRALERO
CUBA. Dissidenza e scrittura civile
Ruggero Chinaglia Questa sera abbiamo con noi Carlos Carralero, scrittore cubano, autore del libro che presentiamo, Saturno e il gioco dei tempi, mentre il mese prossimo, il 25 giugno 2008, avremo ospite uno scrittore cinese dissidente, Zhou Qing, di cui presentiamo il libro, La sicurezza alimentare in Cina. Zhou Qing è uno scrittore dissidente che è studioso della materia cinese, un’indagine in varie direzioni, la sua ricerca, in particolare verte su quali sono i prodotti che sono alla base, oggi, dell’alimentazione in Cina e anche dell’esportazione, quindi dei prodotti cinesi, con i pericoli che ne conseguono su vasta scala. In luglio avremo ospiti altri due amici cinesi, Shen Dali e Dong Chun che abbiamo già avuto a Padova due anni fa, loro sono ricercatori, invece, nell’ambito dell’arte, e presenteremo un libro da loro scritto intorno alla ricerca della combinazione tra arte italiana, arte russa e, diciamo così, cultura cinese.
Quindi una combinazione molto varia, unica nel suo genere e di grande interesse. Poi, a fine settembre 2008, avremo un’altro ospite cubano, uno scrittore dissidente, Vásquez Portal di cui presenteremo il libro dal titolo Scritto senza permesso. Questa prima parte del programma si conclude a novembre con un avvenimento al Conservatorio Pollini, che combina musica e psichiatria, diciamo così, nel senso che si tratta di una ricerca di uno psichiatra tedesco, Ove Peters, che però conduce anche una ricerca sul terreno della musica, e il libro si intitola Robert Schumann e i tredici giorni prima del manicomio. Tredici giorni molto importanti per la vita di Schumann, per il suo destino e anche per la sua vita di compositore, perché in quei tredici giorni ebbe a comporre alcune delle sue opere tra le più importanti.
Quindi un programma intenso a livello internazionale che si combina anche con incontri settimanali, Lezioni di vita, intorno all’arte, la poesia, la clinica, che sono tenute da me e da alcuni esponenti dell’Associazione cifrematica di Padova, alla sala Polivalente della Guizza, a Padova. L’incontro settimanale di questa settimana si terrà domani con un incontro sul tema “Il padre nell’educazione”, con un intervento di Maria Antonietta Viero. Ecco, questo per indicare che l’attività dell’Associazione si svolge in varie sezioni, dando un contributo alla cultura, all’arte, alla formazione della città, anche per contribuire all’invenzione di un’altra città, “La città del secondo rinascimento”, dove si tratta innanzi tutto della parola, della libertà della parola, della libertà intellettuale, della libertà di ricerca, della libertà d’impresa, e proprio in questo filo si situa l’incontro di questa sera con Carlos Carralero, con il libro Saturno e il gioco dei tempi.
Questo libro si inserisce in un contesto più ampio che la casa editrice Spirali ha dedicato a alcuni scrittori cubani dissidenti, esuli, chi in Italia come Carralero, chi negli Stati Uniti. Abbiamo avuto modo di presentare, sin ora, in Italia, altri tre autori, Armando de Armas con il suo libro Miti dell’antiesilio, Roberto Luque Escalona con il libro Lorenzo e l’agnello del diavolo, Armando Valladares con il libro Contro ogni speranza, 22 anni nel gulag delle Americhe dal fondo delle carceri di Fidel Castro e, appunto a settembre, Scritto senza permesso di Manuel Vázquez Portal.
Quindi la testimonianza di protagonisti dell’esperienza del regime cubano, un regime che gode, tuttavia, romanticamente, di una visione quasi umanitaria qui in occidente e che viene visitato a più riprese da molti turisti che trovano il paese molto bello, molto civile, molto libero, ignorando, evidentemente, ciò che sta nelle pieghe del tessuto e del contesto della vita a Cuba. Bene, proprio per accorgerci, invece, di come sia la vita in questo paese abbiamo queste testimonianze, e siamo veramente fieri di poterle proporre in questo periodo in cui c’è ancora chi dice che il regime cubano non deve cambiare: Non sperate che Cuba cambi, titola oggi il Corriere della sera in una intervista all’ex onorevole Diliberto, quando, in visita di conforto a Cuba, trova che non deve cambiare Cuba, l’ultimo caposaldo di una certa concezione, evidentemente di un certo modo di vivere, dove la libertà evidentemente non conta più di tanto e viene a dire che a Cuba non vige il reato di opinione.
Allora viene da chiedersi cosa ci fanno in giro per il pianeta due milioni di esuli cubani, cosa ci fanno nelle carceri di Cuba alcune centinaia di dissidenti che hanno optato per il carcere anziché per l’esilio, perché bonariamente e umanamente, il regime pone di fronte a questa alternativa. Certo non prescrive direttamente il carcere o l’esilio, ma lascia la libertà di scelta, chi preferisce il carcere chi preferisce l’esilio, come se si potesse scegliere tra il carcere e l’esilio, ma questo fa parte della testimonianza che Carlos Carralero ci darà questa sera. Quindi, noi tra poco gli passiamo la parola, anche per ricordare che questo incontro, altri che seguiranno e altri che lo hanno preceduto, vanno anche in preparazione del Festival della modernità, che si terrà a Senago, vicino a Milano, alla Villa San Carlo Borromeo, dal tre al sei luglio, intorno al tema La libertà, in cui interverranno, intellettuali di vari paesi d’Europa, d’America e dell’Asia, anche esponenti della dissidenza cinese, iraniana, egiziana e cubana, italiana, perché si tratta della dissidenza negli anni ’70, quando è incominciato a trapelare che nei regimi, quello sovietico allora in particolare, perché era quello che maggiormente coinvolgeva l’interesse e cominciava tuttavia a incrinarsi, si parlava di dissenso, quindi andava in qualche modo a diffondersi la questione degli scrittori, degli intellettuali del dissenso; dissenso che si contrapponeva a quanti invece esprimevano un consenso, sempre però in una logica che rientrava nell’economia del sistema, nell’economia del regime.
Qui, invece, si tratta della dissidenza, della dissidenza che non richiede un regime per instaurarsi, per esprimersi, per esistere, è la dissidenza assoluta, la dissidenza dello scrittore, la dissidenza intellettuale che non è contro qualcosa, ma è per la libertà della parola. Ora, qui non si tratta di dissenso come economia del male, non si tratta riscegliere il male minore rispetto a un male presunto maggiore, si tratta della libertà, della libertà di ciascuno, e questa libertà comporta in maniera assoluta, in maniera estrema questa dissidenza, questa dissidenza senza limiti, che è la condizione della tolleranza assoluta, non della tollerabilità che può raggiungere un certo tetto e poi quando il tetto viene sfondato, allora risulta che si deve esercitare una reazione. No. Questa dissidenza si accompagna alla tolleranza assoluta.
Allora questo libro è un’indicazione del modo con cui questa dissidenza estrema, questa tolleranza assoluta si combinano nella scrittura di questo testimone, di una vicenda, che è la vicenda di cui lui risulta protagonista e di cui questa sera avremo alcuni elementi. Per accompagnarci in questa esplorazione, in questa conversazione di questa sera, abbiamo Maurizio Cerruti, giornalista caporedattore esteri del Gazzettino, e Giorgio Segato, critico d’arte, e possiamo dire nostro compagno di viaggio, perché in molte circostanze è stato con noi per dare un contributo della sua arte, della sua umiltà, della sua ingegnosità, di cui noi ci avvaliamo spesso, e lo ringraziamo in maniera particolare questa sera perché, come avete visto, ha avuto qualche problema di salute che però si sta risolvendo, e noi auspichiamo che migliori presto.
Giorgio Segato Sono un amico di Cuba.
Ruggero Chinaglia Grazie per questa sua amicizia anche verso Cuba. Allora per cominciare io invito Maurizio Cerruti al suo intervento.
Maurizio Cerruti Ho poche parole da aggiungere a quello che ha detto il dottor Chinaglia, anche perché lui ha già toccato con il suo breve e puntuale intervento i punti essenziali del problema. Noi italiani conosciamo Cuba sopra tutto per i viaggi che ci facciamo, partiamo con i voli charter per queste meravigliose località, queste meravigliose spiagge dove troviamo un servizio internazionale, gli animatori magari del nostro paese che fanno parte di compagnie internazionali, visitiamo le bellezze di Cuba accompagnati da guide che ce le illustrano e percepiamo che c’è qualcosa che non va in questo paese, ci rendiamo conto che c’è una povertà estrema, vediamo che la prostituzione dilaga, c’è gente che è pronta a fare qualsiasi cosa per pochi dollari, per noi magari sono degli spiccioli, e se facciamo delle domande, le risposte magari sono anche convincenti ma siamo sopra assedio, siamo assediati, siamo vittime degli americani, e così torniamo rassicurati nel nostro paese convinti che tutto sommato quel tipo di regime sia quello giusto per i cubani, se lo sono scelto, se lo sono voluto e amano il loro leader.
In realtà le cose sono molto diverse, servono gli scrittori come Carralero, proprio per dimostrarcelo, per indicarcelo, perché loro hanno vissuto certe situazioni proprio sulla loro pelle; hanno pagato col carcere, con gli arresti, con le persecuzioni, anche con l’esilio. Direi che questo è tanto più importante, perché la quota di italiani che non vuole assolutamente credere alla realtà è molto più ampia di quello che si pensi, cioè non si limita appunto a qualche leader di un partito che da “comunista” è diventato “arcobaleno” e poi è uscito dal parlamento, direi che se guardiamo alla gente, molta gente ha questa convinzione, anche se magari non condivide le idee di Diliberto o di Rizzo o di altri. Direi che il nostro compito è anche quello di sfatare questo mito che è alimentato, sopra tutto, dalla personalità travolgente di Fidel Castro e trovo molto indovinato il paragone che Carralero fa con il dio Saturno, una divinità, è il padre degli dei, super potente, che poi distrugge, divora i propri figli.
Castro è vittima in qualche modo della sua stessa personalità. Io non credo particolarmente negli oroscopi, però mi colpisce il fatto che sia nato sotto il segno del leone, che effettivamente è un divoratore, che è cresciuto nel mito di sé stesso e che è animato da una grande megalomania, sostanzialmente, che lo porta a ritenere giuste tutte le sue scelte e sbagliate quelle di tutti quelli che gli si oppongono. La conseguenza di questo fatto è che tutti quelli che tentano di opporsi, possono essere stati i suoi migliori amici o i suoi compagni di lotta più fedeli, sono stati sistematicamente eliminati. Adesso questo incubo sembra che stia per finire, perché per ragioni anagrafiche, anche il dio Saturno è arrivato vicino alla sua ultima ora e non ha lasciato eredi, e questo è molto significativo. Perché il fatto che abbia dovuto trasferire il potere a questo fratello che è cresciuto nella sua ombra e che ha avuto l’unico merito di non averlo mai contraddetto veramente, è assolutamente non idoneo, incapace, non in grado di mantenere, di continuare, di assicurare una continuità a questo regime, fra l’altro anche lui è una persona di una certa età e dietro di lui, a quanto si è visto di recente, con le nomine che sono state fatte ai vertici, non c’è quasi nessuno, non c’è nessuno o meglio ci sono alcuni personaggi che sono sopravvissuti alle varie purghe di questi decenni passati. Quindi siamo tutti in attesa di vedere cosa succederà, quando finirà e come finirà.
Abbiamo avuto l’esperienza dei regimi comunisti nei paesi dell’est che si sono disintegrati, quasi senza colpo ferire, quasi senza spargimento di sangue, grazie però a una serie di circostanze molto favorevoli, molto fortunate. Pochi giorni fa ho avuto l’opportunità di incontrare il console generale tedesco a Milano, che ha vissuto in prima persona il crollo della cortina di ferro, perché lui era console all’epoca, in Ungheria, e vide proprio gli eventi, e tutto fu deciso dal fatto che Gorbaciov a un certo punto non decise di intervenire. Non decise di intervenire, molto probabilmente, durante una telefonata che Helmut Kohl gli fece in quell’occasione, il cancelliere tedesco lo interrogò: “Cosa ne pensa presidente di quello che sta succedendo in Ungheria?” E lui rispose: “Gli ungheresi sono brave persone.” Fu il segno probabilmente di un cambiamento, questo cambiamento purtroppo a Cuba non si è ancora visto, siamo tutti in attesa di vedere cosa succederà, come si realizzerà e adesso siamo soprattutto ansiosi di sentire dalle parole di un protagonista degli eventi di questi anni, cosa sta succedendo e come ha vissuto lui questi anni terribili della sua esperienza cubana, e di esule. Grazie.
Ruggero Chinaglia Bene, ringrazio Maurizio Cerruti per questo suo primo intervento e passo la parola a Giorgio Segato.
Giorgio Segato Ringrazio per la brevità dell’intervento, perché è meglio che si parli poco e che si ascolti l’autore di un libro che io definisco insolito, strano che ha più dell’indagine psicologica, del viaggio nel labirinto della coscienza, piuttosto che della dissidenza politica. Diceva giusto Ruggero Chinaglia che negli anni ‘70 c’era l’opposizione piuttosto che la dissidenza, quindi c’era uno scontro frontale e si cercava lo scontro frontale. Stiamo vivendo giorni, adesso, in cui la paura sta tornando, perché si sta cercando di tornare allo scontro frontale, questo significa che l’ideologia di per sé vale poco, torna a valere la misura della forza, e questo è molto pericoloso. È evidente il paragone fra Saturno e il signore Fidel Castro, ma Saturno è qualsiasi tipo di dittatura, qualsiasi tipo di proibizione, lui è quello che gioca col tempo, perché divora il tempo, divora i figli, il tempo passa e le cose non cambiano intorno a lui; è quindi la figura chiave, non tanto per capire la situazione politica, quanto il dissenso politico dell’autore.
Il libro è proprio un viaggio di scoperta, prima di tutto, e poi di analisi del proprio dissenso. È proprio un viaggio molto attento, dal colore verde oliva della divisa che diventa il tema di partenza di questa analisi, il passaggio a tenente, quindi l’acquisizione di un grado di rilievo all’interno delle Forze Armate. Tenente è un primo gradino di responsabilità particolare, per cui quello che è soldato non si sente più soltanto soldato come dipendente dell’armata, ma si sente tenente, uno che tiene e quindi ha una responsabilità all’interno dell’armata. Io credo che siano queste le due cause che danno origine a questo percorso, a questo viaggio dell’autore attraverso le proprie esperienze di militare, di commilitone, di rapporti con altri ufficiali, le gelosie, le ansie che questo rapporto costituisce e il tentativo che costituisce la parte fondamentale del libro, di crearsi un percorso attraverso il quale potrà essere esonerato, quindi non in opposizione, che dice io spacco tutto e viene cacciato via o viene fucilato o viene mandato via, ma un percorso personale di consapevolezza, di coscienza, che passa attraverso diversi attimi, diverse situazioni che scandiscono il tempo, ecco perché anche il titolo Saturno e il gioco dei tempi.
Allora si crea un suo calendario di vita, mese per mese e ad ogni mese attribuisce la serie di qualità che toccano il dato fisico, la natura, c’è molta natura all’interno, e di rapporti umani, con l’Armata, innanzi tutto, ma anche con le idee. Non c’è mai una pagina di ribellione, di rifiuto, “va bé, se la pensano così!” È come se dicesse “sarà così”, però la situazione è tale che in realtà tutti, anche noi cubani avaneri, sopra tutto, amiamo Cuba, amiamo l’Avana e “la accarezziamo cinque volte”, dice ben cinque volte, “abbiamo modo di accarezzarla, di sentirla nostra, di amarla.” E questa è un’esperienza che ho fatto anch’io, le due volte che sono stato a Cuba. Non è vero che non si vedono i difetti, la repressione anche, ma quello che stupisce è la dolcezza della gente, come la gente accetti, come male minore, forse, come ambiente migliore.
Facile criticare Cuba, ma dovete pensare che Cuba è vicinissima alla Florida e c’è un aereo, non di linea, ma che parte a un’ora precisa, da Avana a Miami, e se uno volesse andarsene tranquillamente, monta su questo aereo, e via! Tanto a Cuba, all’Avana lascia molto poco: qualche casa o appartamento senza vetri, senza finestre, con letti scassati, porte scassate, quindi è vero che la Florida, Miami è piena di cubani, di cubani oppositori, non di dissidenti, proprio quelli che vengono dal vecchio imperialismo. Bisogna pensare a tutta all’esperienza prima di Fidel Castro e allora si capisce anche la mentalità dei cubani e della giovane generazione che non ha vissuto quegli eventi.
Io per due volte sono stato ospitato dallo stato cubano all’Hotel Capri, che era l’Hotel di uno dei più grandi gangster di mafiosi americani, e la cosa sorprendente, ero con mia moglie e con un altro importante critico francese, Pierre Restany, è che ci dicono che ci danno le stanze più belle, quelle che guardano verso il mare. Io e mia moglie siamo entrati in quella stanza e siamo rimasti stupiti. C’erano le finestre tutte sporche e non si vedeva niente al di là del vetro, la carta da parati tutta rotta. “Qua ci hanno preso in giro.” Allora andiamo giù e sull’ascensore trovo un altro mio amico e lui mi dice “allora facciamo cambio.” Vado a vedere il suo, ma era come il mio, in più, però mancavano i rubinetti. Poi, come si mangia a Cuba, al ristorante Il pescado del garitte, dove ci sono pochi posti, per dare da lavorare a tutti, un cuoco viene cambiato ogni due giorni, perché tutti possano lavorare. Allora se uno ordina il pescado il lunedì per il venerdì e lo trova eccezionale, se riprova d’andarci la settimana dopo, trova tutto completamente differente.
Dal punto di vista dell’ideologia, non esiste un’ideologia di tipo marxista, leninista; sì, viene insegnata, ma con poca attenzione. Direi che la concentrazione che c’è stata negli anni, diciamo, della maturità di Fidel Castro, è stata sopra tutto verso la scienza, la scuola, lo sport, per affermare un’identità possibile, perché la vita scientifica dipende dall’intelligenza, l’abilità sportiva dall’impegno del fisico, quindi non bisogna andare a cercare, a comprare qualcosa in America, in Russia per potere sviluppare queste parti e c’è stata molta considerazione proprio in questo senso; ci sono per esempio degli oculisti di fama mondiale. L’opposizione, quindi è sempre stata modesta. Ci sono state delle reazioni molto forti anche da parte del regime, ma come si vede e si sa, molto meno forti che in alcuni paesi del centro America e del sud America, molto meno forti che in Cina.
Quindi anche da quel punto di vista lì, una certa comprensione, perché come forse voleva dire anche Ruggero, la dissidenza delle persone è una manifestazione di libertà, ma non è solo manifestazione della libertà di chi dissente; la dissidenza aumenta la libertà anche di chi accetta la dissidenza. Accettare la dissidenza vuol dire accettare la critica, accettare la parola dell’altro, l’osservazione dell’altro, l’aspetto negativo del proprio mostrarsi e quindi essere più liberi, diventare più liberi, diventare più consapevoli, più coscienti. E io insisto nel dire che proprio l’autore di questo libro, che è tutto un po’ giocato sulla metafora esoterica, astrologica, e bisogna che lui ci dica perché questo mascheramento, se è un mascheramento culturale o un mascheramento psicologico di fronte alla realtà e che tende in qualche modo a mettere in evidenza gli aspetti peggiori, ma senza dirne quali sono esattamente, di una umanità, di una categoria di umanità, invece di esseri umani. Dice proprio così: “una categoria di esseri umani e disumani, che sono i dittatori.”
A quel punto ecco l’equivalenza tra Castro e Saturno. Il risultato di questo percorso labirintico molto lungo del nostro autore è la conquista della possibilità di andare in esilio, come una forma di libertà, però il suo percorso è tale che anche l’esilio appartiene a una sua decisione, quindi è una sua costruzione, una possibilità che lui si costruisce e che non subisce passivamente. Bella anche la dedica, perché dice: Dedico questo libro alle persone che generosamente hanno contribuito all’edizione del testo, a coloro che meno mi leggono, i miei familiari. Quindi è un libro da leggere con molta attenzione, molto diverso dai soliti. Questo dato psicologico, per esempio, del passaggio dalla Vista Alegre di Cuba alla Vista Triste di Cuba, quindi il cambiamento del suo sguardo, non è solo un grande evento della realtà che gli sta attorno, ma è il suo sguardo personale, il suo modo di guardare, il suo modo di vedere che diventa importante e acquista tristezza rispetto all’allegria di cui sono, non dico accusati, ma che costituisce uno degli aspetti degli avaneros. Malecongue che è uno tra i più citati luoghi al mondo per fare l’amore, per ritrovarsi, per incontrarsi, lasciarsi bagnare dalle onde che si schiantano contro la muraglia.
È veramente affascinante quel mondo lì, affascinante il luogo, poi con chi hai vissuto. Un altro aspetto è quello razziale, c’è una dolcezza nei rapporti razziali straordinaria e una bellezza incredibile, dei cinesi biondi con gli occhi azzurri, sembrano usciti da un film, i neri tra i più diversi, c’è una cultura animistica straordinaria. Lì ho conosciuto uno dei pittori, forse fra i più interessanti di Cuba, e l’ho portato anche a Padova, Manuel Mendive, con il quale abbiamo fatto una danza al Pedrocchi, eccezionale, quindici ballerini, maschi e femmine, completamente nudi nascosti sotto la sabbia e tutti dipinti con occhi, bocche, visi che escono dalla sabbia e si mettono a danzare e muovendo i muscoli si muovono le bocche, gli occhi, le facce che sono dipinte, quindi sembravano ciascuno un insieme, una tribù, un gruppo; è stata una cosa affascinante che è andata avanti per tre ore. C’èra l’ambasciatore Ardizones, che adesso si occupa di arte italiana. Ecco, quindi ci sono questi aspetti che, non dico entusiasmino, ma traggono.
C’è stato un momento, poi, mentre ero lì, in cui Fidel Castro ha concesso di fare liberamente i rituali, cosa che prima era proibita e che era molto legata alla cultura popolare e veniva fatta in segreto, i riti vudu, non solo di farli, ma ha fatto la città del vudu, per cui è diventato un fatto turistico e i turisti andavano a vedere, vanno ancora, penso, a vedere queste manifestazioni che riprendono la tradizione antica africana, perché in molti, moltissimi cubani, si sentono afro-americani. E’ di notevole interesse, questo, perché si congiunge poi alle altre razze, alle altre situazioni. Quindi è un libro molto ricco, molto complesso, molto diverso dal solito che non ha quell’aggressività antiamericana, antioccidentale, ma che cerca dentro di sé, l’autore, nel proprio pozzo psichico, le ragioni della dissidenza, quali sono, se sono valide e a quali conclusioni lo ha portato ed è quello che adesso ci dirà. Grazie.
Ruggero Chinaglia Ringrazio Giorgio Segato per questo suo intervento molto variegato che attinge anche alla sua esperienza. Adesso passo la parola a Carlos Carralero.
Carlos Carralero Grazie a tutti. Spero di riuscire a collegare queste due vicende: la mia storia personale e il motivo della decisione di “Saturno”, anche se la vicenda cubana, la realtà cubana viene vista in modi diversi che dipendono da punti di vista, più che ideologici, da quelli culturali delle persone. Allora io sono figlio minore di una famiglia che nel suo ridotto universo, a modo suo, fece la rivoluzione cubana. Dico fu, perché per me la rivoluzione cubana è finita già da un po’ di mesi, dopo il trionfo, e ho i miei motivi per dirlo.
Per me la rivoluzione deve avere un fine, trasformare la società, migliorarla, ma la rivoluzione cubana alla fine è diventata un mezzo per il potere nella vita di Fidel Castro. Allora, la mia famiglia che stava a circa trecento chilometri dalla Sierra Maestra, dall’accampamento di La Plata di Fidel Castro, era la zona in pianura, è quella zona della costa nord-est del paese che sarebbe vicino al porto di Bariay che sarebbe il punto dello sbarco, se ciò che racconta la storia è vero, dove è sbarcato Cristoforo Colombo, che per via di mare è più o meno a trenta chilometri. Devo accennare a una cosa, che mia madre era orfana, da piccola perse la madre e fu allevata dai nonni. Molto giovane, sua unica fortuna, incontrò mio padre che era un uomo che era di nobili principi, è stato allevato insieme ai suoi fratelli in un equilibrio tra la dolcezza eccezionale di mio nonno, di cui parlo nel primo libro, Requiem per Saturno, pubblicato in lingua spagnola.
Parlo di questo nonno, dolce, che è una sorta di musa ispiratrice, lo vedo poeticamente, anche se forse non scrisse mai una poesia, ma la scrisse con il suo atteggiamento e con l’amore che dava ai figli e ai nipoti. Mio padre trovò questo equilibrio tra la dolcezza del nonno e la capacità della nonna che aveva un cognome portoghese, Salazar. La capacità di questa nonna è forte, quando i figli si mettevano a discutere temeva che potessero rovinare la sua immagine, e allora alzava il bastone, diceva basta, e allora non si discuteva più. Mio padre prese la decisione di far diventare la sua dimora un accampamento dove lui cospirò con tre o quattro suoi fratelli, un cugino e un fratello di mia madre.
Lì, a partire da quel momento incominciò il dramma finale per mia madre e l’inizio del dramma per noi figli, sopra tutto per me che ero il più piccolo. Un giorno i tre fratelli di mio papà e uno della mamma, decisero di camminare per trecentocinquanta chilometri e salire sulla Sierra Maestra, che è la montagna dove si svolse, lo metto tra virgolette, la lotta contro Batista, dai partigiani, per andare a combattere insieme al gran capo. Ma fu una grande delusione, perché dopo tanta fatica tornarono senza aver sparato neanche un colpo e senza aver visto mai la barba di uno dei grandi capi.
Prima di tornare a casa gli giunse la triste notizia che suo fratello, mio padre e il cugino di mia madre, che erano rimasti in città, erano stati uccisi, perché erano entrati entrambi nello stesso posto, mio padre a novembre del ’58 e il cugino di mia madre il 4 dicembre, sempre del ’58; a differenza di meno di un mese sono stati uccisi tutti e due. Era una zona praticamente già liberata e loro non avrebbero dovuto entrare in città. In quel momento stette molto male e pregò Dio ogni giorno della sua vita, a partire dal ’58 sino alla fine del 26 luglio del ’64, di portarla insieme al suo amato, che fu la cosa più grande che ebbe mia madre.
Un giorno del 1960, venne a casa di mia madre una signora che le portò un libretto dicendo che le spettavano settanta pesos per mantenere i figli perché era la moglie di mio padre. Forse quella donna è stata come mio padre una coordinatrice del movimento del 26 luglio. Questo movimento prende il nome dal giorno in cui Castro assaltò la caserma Moncada nell’anno 1953. Mia madre sopravvisse altri sei anni e morì il 26 luglio e la pensione di cui si diceva prima, l’hanno tolta perché io ero un bambino. Mia zia, la sorella di mia madre, che le voleva molto bene, quando morì mio padre la prese con sé per consolarla. Quindi quando morì mia madre io vissi ancora per tre mesi con mia zia, poi, per non dare più disturbo e anche perché sono orgoglioso, chiesi a mio fratello maggiore che stava studiando all’Avana, di portarmi con sé. Così ho fatto questa sorta di collegio che manteneva una disciplina militare che imponeva di entrare marciando, di uscire marciando, per guadagnarmi di uscire una volta al mese, se si poteva uscire!
Tante volte mi toglievano il permesso, perché protestavo contro i ragazzi che erano i capi, ma più che altro i responsabili delle case dove noi abitavamo erano i veri delinquenti, mentre ai più onesti toccava essere puniti e non uscire quella rara volta che spettava. La mia infanzia, dunque, fu tremenda e l’adolescenza terribile. Io rimasi molto confuso e la fine degli anni ’60 furono per me anni durissimi, non vi racconto del periodo tra gli anni ’70 e gli anni ’90, quando presi coscienza, cosa che per me fu molto dura. Alla fine mi sono trovato come un figlio divorato due volte dalla rivoluzione, perché ero figlio di un uomo che aveva una famiglia, aveva fatto la rivoluzione e mi hanno abbandonato e tolto pensione. Ho dimenticato di dire che quando sono andato all’Avana avevo chiuso la casa dove abitavo e quando sono tornato dopo sei mesi, la casa era stata consegnata a un funzionario del governo; il secondo colpo che mi ha dato “Saturno”.
Passarono gli anni e con gli anni incominciai a capire che le cose non stavano come dicevano, a Cuba è molto difficile sapere ciò che accade. Come mai viene l’idea di “Saturno”? Un giorno mi trovavo a Santiago di Cuba, sono entrato al Museo 26 luglio, che una volta era la caserma Moncada, e mentre la guida faceva il suo percorso si soffermò davanti a una fotografia dove c’era un gruppo di giovani, ed erano gli assaltatori della caserma Moncada, il 26 luglio del 1953. Ho visto che c’era una testa circondata da un cerchio e uno del gruppo chiese chi fosse; gli fu risposto con una metafora, che la testa apparteneva al corpo di uno che aveva l’anima del traditore. Nessuno sapeva chi fosse, con gli anni venni a sapere che era un giovane condannato al circolo castresco, si chiamava Chianet De Armas, uno che assaltò con Castro la caserma Moncada.
Accade che nel ‘61 Castro dice: “questo è comunismo, io non ci sto, divento il tuo oppositore” e lo condannò a trent’anni di prigione. Sono tanti i nomi delle persone di cui Castro si servì in un momento importante, poi, quando diventarono scomodi li fece sparire in un modo o in un altro. Non posso, non c’è lo spazio per dirlo, però Chianet De Armas mi colpì, perché ai tempi di Mandela la propaganda internazionale e sopra tutto in quella che usciva da Cuba si diceva che Nelson Mandela, il leader sudafricano, fosse il prigioniero politico che scontava una pena più lunga al mondo e invece era un suo compagno nell’assalto alla caserma Moncada.
Allora, perché Saturno, perché questo modo di scrivere? Ho cercato di raccontare la mia storia come una sorta di vendetta, perché questo è l’unico tipo di vendetta di cui sono capace. Non sono un violento, non so sparare, non so mettere una bomba e il mio terrorismo è scrivere metafore e la metafora è questa grande allegoria di Saturno divoratore di tutto, anche del mio amico. Il paese più progredito dell’America latina era Cuba, fino al 1952, e mi spiego. In dodici anni di democrazia, quando nel 1940 Fulgencio Batista fece un periodo democratico che inaugurò la costituzione del ’40, in dodici anni, la crescita in tutti gli indicatori è stata oggetto di studio. Nel 1950 il pesos cubano era alla pari con il dollaro americano, tra il marco svizzero, il pesos cubano, il dollaro americano, adesso il pesos cubano non vale nemmeno a Cuba. Il 24 ottobre del 1950 arrivò il primo segnale televisivo a Cuba, secondo paese, nel ’58 Cuba aveva un canale a colori e aveva sei canali televisivi mentre l’Italia, mi pare che per la prima volta, nel 1977 conobbe la televisione a colori.
E così dal punto di vista economico c’erano tante cose, c’era una corruzione politica, l’evasione del fisco, politici corrotti e una grande differenza tra le città e la campagna, sopra tutto la capitale. Chi ha visto una fotografia dell’Avana degli anni ’50, era una città stupenda, però c’era una differenza, c’era un problema che sicuramente era da risolvere nel cercare di fare una società più giusta. Però durante la dittatura di Fulgencio Batista non si abrogarono i partiti dell’opposizione e nemmeno si abrogò la Corte, era l’unico paese al mondo che aveva una Corte di Garanzia Costituzionale. Come diceva Luque Escalona, nella sua presentazione del libro Lorenzo e l’agnello del diavolo, che Castro non è il dittatore del ventesimo secolo, in realtà è quello che ha ucciso più persone, non è quello che ha rubato di più, però è stato il più distruttore, perché ha distrutto il senso della famiglia, lo spirito della nazione, ha rovinato i tanti valori romani.
Perché negli anni ‘50 si diceva che Cuba era un bordello? C’erano sei casinò all’Avana, Santiago di Cuba che era la seconda città neanche sapeva cosa fossero; un americano o qualcuno che lo sa, può dimostrarlo, perché era così. Adesso anche i bambini si prostituiscono per un paio di jeans; ha rovinato anche questo, la morale. Cuba era il paese dell’immigrazione, c’erano circa quindicimila immigrati, quasi tutti per motivi di lavoro o familiare, adesso ci sono circa due milioni e mezzo di emigrati che cercano di fuggire con tutti i mezzi. Ci sono state circa sei persone che sono giunte morte sul carrello di un aereo. Io penso che quando i giovani cercano di scappare dal proprio paese in questo modo, vuol dire che niente funziona. Ho cercato l’allegoria di Saturno perché non potevo fare un discorso lineare, questo è il motivo, a parte i fatto che mi sono un po’ divertito con queste metafore; ce ne sono di più nell’altro libro Requiem per Saturno e anche quello è pieno di immagini poetiche. Con questa allegoria ho cercato di allontanarmi dalla tristezza, perché non potrei mai scrivere la mia storia in modo lineare, un saggio non potrei mai scriverlo, perché la mia storia è molto triste. Mi fermo qui, poi posso rispondere anche alle domande.
Ruggero Chinaglia Ringrazio intanto Carlos Carralero per questa sua prima introduzione che già ci fornisce molti aspetti della sua storia e del perché oggi si trova qui anziché trovarsi magari a Cuba. E vorrei approfittare della valenza giornalistica di Maurizio Cerruti che, a onor del vero, ci accompagna da molti anni nel nostro cammino, il primo incontro risale a circa vent’anni fa in occasione di un congresso a Milano ed è stato testimone di numerosi nostri incontri, in particolare in quelli che rivestivano maggiormente un aspetto politico e che coglieva l’occasione della dissidenza. Ricordo la sua partecipazione a incontri con Vladimir Bukovskij, con Viktor Suvorov, con Pavel Stroilov, noto dissidente sovietico, che accompagnò Bukovskij nel suo ultimo viaggio qui a Padova in occasione del libro URSS Unione europea delle repubbliche socialiste sovietiche, titolo del suo saggio, giusto a indicare una sorta di sovietizzazione dell’Europa e poi anche in occasione dell’incontro con Alain Gérard Slama, La regressione democratica, quindi una presenza variegata e molteplice nel panorama delle nostre attività. Allora, quali elementi, quale domanda, quali spunti ti invitano a una riflessione ulteriore e magari una ulteriore curiosità che ti ha sollevato l’intervento di Carralero. Cosa vuoi chiedergli a sollecitarlo a un’ulteriore intervento. Grazie.
Maurizio Cerruti Una cosa che mi ha colpito, per esempio, è il fatto che in questa dittatura, chiamiamola col suo nome, abbiamo due volti, due aspetti e tratti in modo diverso in varie forme, di dissenso. Abbiamo avuto la repressione durissima, le fucilazioni, internamenti nelle carceri con torture molto pesanti, però nello stesso tempo esiste anche una forma di repressione più morbida, che riguarda un po’ tutti quanti e che diciamo che viene articolata in modo diverso a seconda delle circostanze. Viene quasi da chiedersi come mai i cubani non prendono tutti quanti l’aereo, come diceva il professore Segato, partano e pongono il regime di fronte alle proprie responsabilità. Che cos’è che in fondo frena? Sono gli affetti, sono le difficoltà, i rischi, sono forse anche un’indole mediterranea che hanno i cubani, come abbiamo anche noi, popoli mediterranei, di accettare, sopportare situazioni anche troppo pesanti? Lei che si confronta anche con parenti, gli amici rimasti a Cuba, come vivono il loro permanere in questa realtà?
Carlos Carralero Allora, la dittatura cubana, come dicevo, forse non è quella che ha più morti tra le dittature stabiliste, però Fidel Castro ha avuto una caratteristica, ha avuto un fiuto politico molto grande. La cosa che ha fatto sempre è quella di capire se schiacciare quel bottone può creare un problema molto serio e allora lui ha avuto un momento di repressione estrema che ha condotto a momenti di piccola intolleranza con i dissidenti; poi l’intolleranza per gli incidenti, passa lungo i mesi con le denunce attraverso il filo telefonico, delle violazioni dei diritti umani. Però bisogna dire che a Cuba le violazioni dei diritti umani non sono esercitate solo sui dissidenti ma anche su tutta la popolazione, come si violarono i trenta punti della dichiarazione universale. Se mandi una lettera a un cubano non è che gli arrivi, gli arriva se nessuno la controlla, perché io questo l’ho provato e il cubano non è che può, come diceva il professore, andarsene se vuole. Se adesso aprono la frontiera, aprono un porto come quello del 1980, scapperebbero cinque milioni di cubani. Di questo sono sicuro.
Lui fa così, apre la valvola quando sta per scoppiare, solo che negli ultimi anni i cubani non ne hanno approfittato e per questo non si sono ribellati. Però c’è anche una cosa che bisogna dire in favore del popolo cubano. A Cuba si sono persi tanti valori, valori nazionali di cui io che sono cubano, un po’ ci sono riuscito a sfidare, in questa seconda età, ho qui interpretato molto la mia idea, ho cercato di uscire dall’esercito, poi di lasciare la mia professione, poi di fare una professione, avvicinandomi all’essere umano che era quello di guida turistica, e poi di diventare scrittore. Ho scritto le poesie, come dicevo, a Cuba, erano ermetiche altrimenti non potevano essere pubblicate. Primo, nessuno le capiva, secondo, se qualcuno le capiva, le interpretava male, mandavano lui in galera. L’idea di Saturno c’era da tanti, tanti anni, quindi la prima cosa che feci fu una raccolta di poesie.
Il popolo cubano soffre di una sindrome strana, la sindrome di indifendibilità. Se ogni giorno ti bombardano con messaggi subliminali e ti entrano goccia a goccia, dopo un po’ di anni diventano un pallone che si alloggia nella coscienza dell’individuo, della persona e non è più capace di reagire, nemmeno alle umiliazioni. Il popolo cubano ha già fatto trent’anni di guerra dell’indipendenza, in cinquant’anni, quattro o cinque rivoluzioni e adesso non fa una vera rivoluzione, perché i regimi comunisti o di taglio di socialismo reale, sono regimi creati per non crollare e praticamente crollano da dentro, un’implosione, come fece in Unione Sovietica, Gorbaciov. Gorbaciov non voleva far scomparire il comunismo, ma modificarlo, migliorarlo. Gorbaciov cercò di migliorare il comunismo, tolse il primo mattone e crollò tutta la struttura, perché il comunismo è incompatibile con la natura umana, è impossibile costruire un comunismo reale, un socialismo reale, perché è una cosa improbabile che va sempre contro la natura umana. Non so se ho risposto.
Maurizio Cerruti Senz’altro. Mentre lei parlava facevo una considerazione più generale. In fondo le dittature stanno in piedi per paura, ma non soltanto per la paura della riflessione, anche per la paura di quello che c’è fuori, dell’incognito. E’ un po’ quello che succede a quelle persone che sono abituate a vivere in una zona isolata e che temono il confronto con il mondo circostante, perché si sono creati un recinto inesistente in cui si sentono protetti, per cui il confronto con l’esterno diventa difficile, e questo vale per le dittature che rinchiudono i popoli dentro un recinto con la repressione interna, ma anche con la paura di quello che sta fuori riescono a mantenere la coesione sociale, in fondo penso che sia diffusa a Cuba, sopra tutto fra le persone meno istruite, meno informate, la paura di cosa succederebbe se arrivassero gli americani. Immagino che avrebbero paura che succede il finimondo, che distruggono tutto, che arriva il capitalismo, lo schiavismo, immagino che ci sia anche questa forma di paura.
Carlos Carralero Si, nel caso cubano c’ è questo bombardamento di propaganda, loro dicono che i cubani che stanno negli Stati Uniti torneranno a riprendersi le loro case. Queste case che sono state lasciate cinquant’anni fa ormai nessuno le vuole, perché le case che hanno in america sono migliori, curate, più belle e hanno un valore dieci volte maggiore di quelle che hanno lasciato e che cadono a pezzi; ma ai cubani dicono che se cade il regime poi tornano a prendersi le loro proprietà. Anche questo è un modo di strumentalizzare. In questo Fidel Castro è stato un maestro della strumentalizzazione, con la sua capacità di comunicare, anche se non diceva la verità. Praticamente il 95% delle cose che Castro ha detto nella sua vita sono lontanissime dalla realtà, dalla verità e poi non le ha nemmeno compiute, di questo parlava la sorella Juanita che sta negli Stati Uniti, che è una cosa impossibile, non fa mai quello che dice, un po’ anche per prendere in giro la gente. È una personalità molto complessa, Fidel Castro, è un personaggio molto, molto complesso.
Ruggero Chinaglia Bene, a questo punto credo che anche Giorgio Segato voglia rivolgere una domanda a Carralero.
Giorgio Segato È assolutamente vero a proposito della personalità molto complessa di Fidel Castro. Non so se molti lo sanno, la sua paura da oltre cinquant’anni, è di essere avvelenato, e fa sempre in modo che altri mangino prima ciò che gli viene offerto o non mangia per niente. Per quanto riguarda le case, devo dire che tutto il centro storico dell’Avana è riconosciuto come un centro monumentale mondiale, dall’UNESCO, dall’ente più importante per la tutela dei beni culturali, quindi c’è un’attenzione molto particolare. Quello che ho notato nei miei due viaggi è la decadenza spaventosa, dall’85 in poi, fino all’85 nell’Avana e nelle località turistiche non esisteva prostituzione, dopo l’85 c’è un malessere generale e sopra tutto dopo che è stata inventata Marina Hemingway con uno sfarzo, che viene utilizzata sopra tutto dagli americani, e crea notevoli problemi. È vero che negli ultimi anni c’è stato un degrado spaventoso, i ragazzini negli ascensori si prostituiscono, giovanissimi, carini, e questo corrisponde a un degrado culturale, evidentemente. I messaggi di Castro si sono ripetuti sempre uguali, hanno cercato però di toccare alcuni aspetti fondamentali, quello morale.
Il viaggio del papa stesso, è stata una conquista enorme per i cubani e per la politica di Castro ed è una delle ragioni che ha fatto paura agli Strati Uniti. C’è chi aspetta, ma gli americani non aspettano altro che prendersi Cuba, questo è sicuro che se la vogliono prendere. E un altro aspetto è che, con Batista, Cuba e in particolare l’Avana, che era diventata la capitale della mafia e dello spaccio internazionale della droga, della prostituzione, dopo la venuta di Castro si sono trasferiti a Las Vegas. Las Vegas viene dall’Avana, anche questo non viene detto, ma è così. La difesa straordinaria, per esempio, delle auto di tipo americano degli anni ’50, è un altro spettacolo eccezionale, perché richiede una fatica enorme. Cercano pezzi autentici, vividi, i colori non si trovano, non si trova niente a Cuba di particolare, eppure riescono in qualche modo a ritrovare gli smalti, questi rosa, questi verdi e difendono queste auto come se fossero dei monumenti.
Nei musei all’Avana c’è una biennale d’arte dei paesi del terzo mondo. E’ una manifestazione artistica di altissimo livello che invita tutti i paesi del terzo mondo, mostrano delle cose eccezionali, è guidata da una donna molto giovane, adesso non più, ma insomma era giovane alla fine degli anni ’80, giovanissima, era amica del pittore che dicevamo prima, che però era a Parigi. Quindi ci sono queste contraddizioni molto forti. Non c’è dubbio che Castro sia un dittatore, che sia una dittatura dura, però non si può star lì a valutare se più dura o meno dura di un’altra, è una dittatura dura, ha però questa particolarità, secondo me, è negatrice della libertà individuale, certo, ma non della libertà esistenziale. Ecco perché fanno fatica a reagire i cubani, hanno come esempio le isole vicine, i massacri che avvengono nelle isole vicine dove si finge democrazia, dove gli americani dicono che portano la democrazia e invece mettono dei finti dittatori, dei pagliacci che causano stragi continue; hanno questo esempio, hanno anche altri esempi.
Non è vero che è isolata completamente, c’è la televisione che porta messaggi continui dalla Florida, c’è il computer, ci sono tante cose che agiscono sulle idee delle persone. Le cose stanno cambiando. Adesso Castro esce di scena, sua fratello è un ultimo sprazzo che cerca di dare una continuità per evitare un massacro e speriamo che questo massacro non ci sia. E volevo chiedere, questa era la domanda: se crolla il regime, se l’atmosfera cubana precede una controrivoluzione? Ecco, a me dispiacere molto, perché certi valori sono maturati, si sono conservati e io spero che la gente li abbia introiettati e li difenda anche quando andrà giù il regime.
Ruggero Chinaglia Qual è l’avvenire di Cuba, insomma, se il destino di Cuba è quello di diventare una riserva della mafia americana o ospitare una controrivoluzione o se giungere a una democrazia compiuta?
Giorgio Segato Il problema si pone, perché c’è una Florida ricchissima e piena di cubani che non aspettano altro. Ci sono stato e ho sentito i discorsi degli anticastristi in Florida, sono micidiali, come parlano e quanto denaro sono pronti a mettere a disposizione, perché si sono arricchiti, perché hanno i parenti ancora a Cuba, è una situazione molto difficile!
Ruggero Chinaglia Bene, allora sentiamo la risposta.
Carlos Carralero Penso che su questo criterio devo contrastare, perché mi sembra un po’ vecchio, quello che gli americani stanno aspettando per prendersi Cuba. Il problema è che noi siamo un po’ americani, ormai siamo più di un milione e mezzo negli Stati Uniti. E’ vero che è un po’ dominata dai cubani, però è anche un mito, un mito molto dannoso quello che i cubani siano mafiosi, questo non è vero. Raccomando di leggere il libro di Armando De Armas, che è una ricerca su come Cuba era prima e come è adesso e, poi, con i cubani in Florida. Oggi dicevo a Ruggero Chinaglia che in Florida c’è una emittente che fa per ventiquattro ore propaganda al castrismo, si chiama Radio Miami e i giornalisti entrano e escono senza nessuna scorta e nessuno gli da uno schiaffo, non è così aggressiva come dicono. Non esiste questa mafia, esiste una mafia ovunque, esiste nel governo cubano, perché esiste anche il ricatto. Io sono stato ricattato e ho intrapreso la via dell’esilio per una cosa che mi è accaduta, molto crudele.
C’è qui mia moglie che ha sofferto molto questa situazione. Io ho lasciato Cuba in un momento molto drammatico, poi i servizi segreti, l’intellighenzia cubana si è prestata a fare una cosa molto crudele nei confronti di mio figlio più grande. Non volevo dire questa cosa, perché è troppo dura è troppo drammatica. È noto nella pratica criminale del regime, intimidire i dissidenti giovani o i dissidenti che hanno i figli giovani. Questo, adesso, devo ammetterlo, non lo stanno facendo, almeno non mi giunge questa notizia, però l’hanno fatto all’inizio degli anni ’90 quando il regime era spaventato per la caduta del muro. È una pratica quella di arrivare alla casa del dissidente e dire che il ragazzo giovane è ammalato di aids e portarlo via, questo lo hanno fatto con mio figlio grande e posso provarlo. Adesso è inutile fare una denuncia, perché questo dibattito dovremo aprirlo quando sarà il momento, come ho fatto quando ho denunciato la cittadina milanese di Sesto san Giovanni, che mi ha denunciato a Cuba quando facevo la guida turistica, perché ho detto la verità, di questo si tratta.
Il “Saturno” che una volta è Fidel Castro, una volta il regime, è divoratore, divora la libertà, divora tutti gli spazi, ha divorato un’economia, è un paese distrutto. Cuba era fra i tre paesi più progrediti, tanto che l’Argentina che era tra i paesi più ricchi all’inizio del XX° secolo, Cuba la superò, poi è diventato un paese che vive nella miseria. Se vogliamo vedere i lati positivi, quello che rimane è la dolcezza del cubano, la generosità del cubano, l’ingenuità, perché il cubano politicamente è ingenuo, politicamente vale poco, però è un grande imprenditore, questo si sa. Non è ricco il cubano della Florida, in Caracas, a san Josè di Costa Rica, a Puerto Rico i cubani sono sopra la media dei nativi. Una qualità dei cubani è quella di avere ritmo, di saper ballare, io non so ballare.
Gli americani se volessero occuparsi di Cuba dovrebbero spendere un sacco di milioni, perché Cuba in questo momento è un paese distrutto, non c’è niente, mancano le infrastrutture, tutto il paese è a pezzi. Chiediamo ai cubani ricchi di tutto il mondo di mettere qualcosa del proprio patrimonio per ricostruire il paese. Io però non ho paura della ricostruzione fisica del paese, ho paura della ricostruzione morale, perché la morale del cubano è caduta molto, e questa è una cosa che fa male, che ferisce, perché quando si parla di una donna cubana pensano che è una donna fatta per fare sesso, però non è così, non si può fare di tutta l’erba un fascio; con questo volevo rispondere anche al professore. Negli anni ’50 c’era, nella costituzione, le case di tolleranza, le donne erano adulte, per scelta facevano le prostitute, ma non si facevano vedere, uscivano alle otto di sera con il taxi. Adesso i bambini vanno davanti agli alberghi, è una cosa paurosa questa, fa male a chi ha un po’ di coscienza, a chi ama il suo paese.
Ruggero Chinaglia Quindi, mi pare che c’è un quadro di degradazione! Questa degradazione investe in parte l’occidente e poi si estende anche altrove, ma adesso non si tratta di risalire all’origine delle colpe, ma di tenere conto della testimonianza. A questo punto è giunto il momento di chiedersi perché leggere questo libro. C’è qualcuno che dal pubblico vuole fare una domanda?
Dal pubblico Io non sono d’accordo su quello che ha detto quel signore, che i bambini vanno a prostituirsi per le strade, davanti agli hotels, non sono d’accordo che si parla così dei bambini e della medicina a Cuba, ci sono tante cose negative, però ci sono anche tante cose belle, parlare così dei bambini, della medicina …
Carlos Carralero Tu puoi leggere i libri che vuoi a Cuba? Puoi leggere uno di questi autori a Cuba? Puoi girare per strada con Carlos Carralero, Armando de Armas? Sai che ci sono cubani che scontano ventisei anni di prigione per avere in casa una biblioteca, una piccola biblioteca?
Dal pubblico Io sono cubana come te, ho vissuto a Cuba, ho studiato, ma parlare come te non sta bene, avrai più anni di me…
Carlos Carralero No, no, io sto parlando bene dei cubani, sto parlando male del regime, parlo male della dittatura.
Dal pubblico Ma parlare male dei bambini davanti agli hotels.Io sono molto orgogliosa del mio paese.
Carlos Carralero Io sono più fiero di te, tanto che ho affrontato un regime, io sono più orgoglioso di te del mio paese, io amo il mio paese.
La moglie di Carralero Ho quarantatrè anni, come te sono cubana e conosco dei ragazzi, vicini di casa, che sono andati sul lungomare a prostituirsi, ragazzi di dodici, tredici anni. Per quanto riguarda mio figlio, con la scusa che veniva in Italia, gli hanno detto di fare dei prelievi, sono venuti dicendo che venivano per darmi un sostegno morale; sa qual è stato il sostegno morale? Mi hanno detto, direttamente in faccia, che mio figlio era ammalato di aids, cosa assolutamente non vera, perché posso portarle centomila analisi che confermano il contrario e che dicono che è perfettamente sano. Sono andata in giro per la “Sanità Pubblica” a Cuba e dico che è ottima, i medici sono stupendi, su questo non ci sono dubbi, però posso garantire che questo è vero, è accaduto e mi hanno fatto soffrire come un cane; e sono tornata ancora, ho fatto fare altri cinque prelievi, (e la sanità pubblica mi ha fatto questo favore), tutti negativi e anche qui in Italia sono risultati negativi. Perché mi hanno fatto questo?
Carlos Carralero Non è un ricatto questo? Una tortura psicologica? E questo posso dirlo anche centomila volte in mezzo a una piazza. Questa è stata la mia esperienza.Dimmi, perché sei venuta qua? Perché hai lasciato il paese? Si vive bene a Cuba? Perché prima del castrismo non c’erano emigrati cubani?
La moglie di Carralero Mi hanno mostrato un documento che diceva che se mio marito continuava a parlare in quel modo gli avrebbero dato dieci anni di galera! Perché? Perché era un reato, propaganda americana. Qual è la scelta? O vai via, o vai in carcere.
Carlos Carralero Io ho raccontato la mia storia e questa la devi rispettare. Ho raccontato la mia storia con tutto il sentimento e non ho pianto, per questo l’ho scritta in metafora, per non piangere.
Ruggero Chinaglia Questo è un incontro riuscito, un incontro all’insegna della dissidenza che non ha come scopo quello di mettere d’accordo nessuno. Quello che emerge è che ci sono tante storie, tante angolature, tante sfumature, tante sfaccettature e persino tra coloro che sono usciti dal paese per motivi differenti, in cerca di un’istanza di libertà e di qualità, non c’è armonia, nessuna armonia sociale, nessun accordo, nessuna necessità di trovarsi a condividere qualcosa. C’è un’istanza radicale di libertà, e proprio per soddisfare questo, si tratta di leggere il libro, questo libro che offre l’occasione di cogliere la testimonianza di un’esperienza, la testimonianza di una vicenda, di Carralero che è tuttora protagonista, perché questo libro è un documento, ma che è documento letterario, non è un documento di denuncia, è un documento letterario, narrativo. E’ un documento in cui il lettore non troverà il realismo della storia, la cruda realtà o la cruda verità, troverà il lavoro della memoria, possiamo dire il lavoro della censura, ma non della censura del regime, della censura onirica per cui in tutto il romanzo per esempio, romanzo forse è eccessivo, è un documento narrativo in cui si tratta della vicenda del protagonista, ma attraverso la censura onirica.
Il nome di Fidel Castro, per esempio, non compare mai, il nome del soldato dell’esercito non compare mai, voi troverete riferimenti narrativi, metaforici, metonimici, per cui il lettore è costretto anche uno sforzo per cogliere tra le ironie i motti di spirito, gli aspetti umoristici, pochi, ma alcuni dei quali sono molto gustosi, nel senso che mai viene data la prevalenza all’aspetto drammatico o all’aspetto realistico. Allora in questo senso è documento importante, interessante da leggere, è documento per esempio che testimonia come a Carralero sia stato attribuito, che cosa?
“Articolo 1. Inabile per tutti i gruppi militari”. Il che significa, incapacità per il servizio militare in qualsiasi tipo di unità, sia di combattimento sia di Stato Maggiore. Nel mio caso pazzo completo e mezzo gobbo. Non potevo nemmeno sentire l’odore di quel verde: orticaria, coriza, asma, prurito acuto e risposte psicosomatiche di eziologie irriconoscibili. Con piena anormalità saltavano dalla flora normale, quali allegri microscopici delfini, batteri civili, oppositori del verde oliva, decisi a creare un vero quadro clinico nel mio organismo: una vera ondata di manifestazioni pacifiche a livello di flora generale. Era una specie di sindacato generale di microrganismi non patogeni. La cosa più strana del caso era che comparivano nelle zone del mio sistema linfatico senza che si rivelasse nessuna infezione. In ogni parte del territorio del mio corpo e in tutte le flore un batterio si mostrava transitoriamente scontento e senza cartelloni. E più avanti troviamo questa pagina: Ho commesso un delitto –mi disse Enrique. –Ma di che delitto parli? Dimmelo subito! Non spaventarmi, cazzo! Non so se fu il baccano dell’aeroporto o se furono le ali della mia modesta immaginazione che in quel momento si erano confuse con le ali dell’aereo su cui aveva viaggiato il mio amico, ciò che mi portò a intendere male quello che aveva espresso. –Durante la guardia, ho tirato giù a fucilate una porca! –Una porca?! Così avevo capito io. Le pupille mi volevano uscire dalle orbite, mentre di me dicevo: “ questo sì, è diventato pazzo, paranoico: durante la guardia, si mette a sparare alle porche!”. -Ah. Ah, ah! Non riusciva a contenere la risata. Allora gli dissi: -Scusa, è la mia ipoacusia che accusa confusione quando s’incrociano due rumori con la loro cattiva abitudine di rumoreggiare insieme. -Si tratta del fatto che in uno dei giorni di guardia, per dimostrare che ero pazzo, ho tirato giù a fucilate la porta della garitta dove mi trovavo a fare il terzo. –Il che? –Il terzo, socio. Noialtri, nella Divisione di Fanteria Motorizzata, facciamo la guardia ogni tre giorni. –Ah! –Da lì, mi hanno portato dallo psichiatra. Ma prima che mi conducessero all’ospedalino, in mezzo alla mia apparente alienazione, alzavo l’arma in modo sconsiderato, un gioco per ingannare, intimorendo i militari che torturavano il mio spirito. E per concludere, un ultimo brano: Alla fine, Saturno è il re del monologo. Interroga e risponde quando deve uccidere o perdonarsi per non aver ucciso. Usa i suoi mezzi per giustificare il fine, il suo delirio, sinonimo dell’altrui martirio, è quello di proibire o inibire. Per raggiungere i suoi obiettivi, crea sinistri ministri: la sua mano sinistra. Mobilita la sinistra, non perché sia la sua mano preferita, ma solo per immobilizzare la destra. Quando i sinistri pensano molto, anche se sono sciocchezze o piani criminali, congelano i movimenti della destra per atrofizzarli. Per completare la sua opera malvagia, Saturno insegnò a uno stomaco altrui, quello di suo fratello chino, asino con anima di suino, a digerire senza scrupoli l’anima dei suoi figli, quando diventano inservibili.
Allora questo è il libro; Carlos Carralero sarà lieto di apporre la sua dedica a quanti vorranno acquistarlo, il libro è in fondo alla sala. Dunque ringrazio ciascuno di voi per essere stati qui con noi questa sera, ringrazio Maurizio Cerruti, Giorgio Segato e infinitamente Carlos Carralero.
Carlos Carralero Grazie. Grazie.